“It forms slowly, through the refraction of light. It penetrates and breaks it down, radiating the listening space among the windows oriented to the spring sun. Oblique plates, breath and transparencies. Stillness. Sound prisms.”
‘Prisma’ is the first solo album from Italian composer Luigi Turra on 901 Editions, despite his long-term relationship with the label and appearances on various collaborations and compilations: ‘Ma 間’ with Fabio Perletta (2020), ‘Kailash’ with Shinkei (2016) and the piece ‘Ki IV’ (2016) for the series ‘Quark: How Does The Invisible Sound?’.
Three years after ‘Fukinsei’, his latest solo album released by the Japanese label mAtter, Turra further develops his sound path, free from compromises and inclined toward radicalism. With Prisma, he continues to stylise his personal electroacoustic research, through a renewed reductionist guise in which corrosive metallic abrasions placed on the proscenium are retracted as sudden caesuras to leave space for rarefied and distilled piano styles, close to the most essential Ryūichi Sakamoto.
‘Prisma’ transfigures the sound images through an elegant impulse of refractions, consisting of sound / pause / noise that originate from silence and that are reabsorbed into it, through iridescent elliptic tensions. A silence that reveals itself as suspension and antithesis to the suffocating fullness of language in order to trace a sound idiom, a balance between action and expectation.
The articulation of the elements is intimate, suspended and the logic of the combinations/juxtapositions subjectively unfolds in the progressive listening experience through an incorporeal diffusion, resolved in sound textures that dig out matter to highlight its residues.
Piano and noises by Luigi Turra
Artwork by Simone Negri, “Accadimento 63” (2020)
Designed by Mote Studio
Mastered by Giuseppe Ielasi
REVIEW
Distante da logiche produttive bulimiche e imperniata su una pratica d’ascolto immersiva, la ricerca sonora di Luigi Turra si è cristallizzata negli anni in una produzione discografica attentamente distillata. Il rapporto tra vuoti e pieni, la sinergia tra risonanze minime messe in relazione attraverso l’imprescindibile ausilio della pausa sono gli elementi alla base di una sperimentazione elettroacustica dall’approccio riduzionista.
Più volte presente nel catalogo 901 Editions come parte di diverse collaborazioni – ultima in ordine temporale l’affascinante “Ma 間” condiviso con Fabio Perletta – il sound artist veneto propone per l’etichetta di base in Abruzzo il suo quinto lavoro solista.
È ancora una volta il silenzio il punto di origine, elemento apparentemente neutro che rifrange il suono scomponendolo in flussi essenziali, liberi di riverberare fino a divenire residui. Diradate stille pianistiche in bilico tra il Sakamoto più atmosferico e certe cadenze feldmaniane, rintocchi materici di metalli e legni, bordoni in ostinata fluttuazione sono le componenti dal cui confronto si innesca una tensione spigolosa, nutrita da attese gravide e cesure nette. Queste ultime in modo particolare determinano improvvisi cambi di prospettiva, proponendosi come omologo aurale dei tagli di Fontana, evidenziando così un portato sinestetico vivido e coinvolgente.
I tre movimenti in cui l’opera si divide con il loro sviluppo orizzontale non mirano a definire una struttura narrativa, ma generano un ambiente risonante immersivo, che nei frangenti più rarefatti rimanda ai paesaggi lowercase di Roden e del Köner di “Tiento De Las Nieves”.
Alea, bellezza dell’imperfezione e potenzialità evocative di toni musicali e frammenti rumorosi si intrecciano in una trama elegiaca profondamente tattile, invitando a un’esperienza sensoriale totalizzante. (Peppe Trotta – Ondarock)
Ho sempre pensato alla musica di Luigi Turra come un elegante completo da uomo. Un abito da sera che veste comodo, scivola morbido sulla pelle e pesa nulla. Un vestito creato per slittare nei brevi spazi tra luce e ombra, tra brusio sonoro e completo totale silenzio che il fruscio del passo non può interrompere. Un dolce involucro usato per una sfilata che assume forme radicali con la pubblicazione di Prisma, lì dove il gesto si immobilizza nell’ascolto del silenzio, nel suo rispetto e nell’attesa che un anche minimo cenno di melodia lo illumini per qualche istante, giusto il tempo di un respiro, nell’attesa della prossima immersione nello stupore della PUREZZA. (Mirco Salvadori – Rockerilla)
Secondo una inverosimile visione, titolo e copertina (per essere precisi, l’opera di Simone Negri) mi ha fatto venire in mente The Dark Side of the Moon.
Forse proprio per ricordarmi una frattura, la distanza e l’inspiegabile convivenza di paradigmi estetici differenti, anzi confliggenti.
Perché qui, poi, tutto è luminoso, o viene alla luce. L’irregolarità geometrica e la sintassi apparentemente sparigliata collocano le composizioni nell’area della improvvisazione non euclidea, della finzione elettroacustica.
Ma in esse si genera un sistema di relazione tra oggetti sonori (differenti per origine, forme e durata della loro esistenza) in perfetto equilibrio (come gli elementi dei mobile di Calder o Cold Dark Matter ci Cornelia Parker, ciò detto per analogia).
E possono venire alla mente le attitudini, se non gli elementi di struttura, di un Tilbury, quello di “The Tiger’s Mind e la poetica di Manafon. “Prisma” è simmetria e proporzionalità, qualità dinamiche, che esistono nel fluire del tempo e si esaltano nelle sequenza pianistiche, si struggente lirismo in self-restraint, presenti, sotto varie forme, in ognuna delle tre composizioni.
Sembra esserci un mistero nell’armonia tra i conglomerati rumoristici, le sonorità materiche, i silenzi e flussi tonali.
E’ che Turra opera ad un livello di apodittica essenzialità, ineffabilmente consustanziale al suono (Dionisio Capuano – Blow Up)